11 aprile 2012

Sono finiti i tempi dei partiti dei leader?

La attuale situazione politica sembra indicare il tramonto del Partito del leader, cioè dei movimenti politici quasi esclusivamente identificati dal proprio padre fondatore e leader carismatico.

A ben guardare però, la situazione non sembra così generalizzabile.

Il discorso ovviamente si adatta perfettamente alla situazione del partito di Berlusconi, che pur cambiando nome non ha mai cambiato la sua fisionomia di partito azienda guidato da un capo unico e ben definito, mai eletto e mai sotto giudizio degli iscritti.

Con la crisi personale del leader, il partito di Berlusconi è ovviamente andato in difficoltà.

Lo stesso discorso però non si può applicare sic et simpliciter a tutti gli altri partiti che presentano uno schema simile. Proviamo a vedere perché:
  • IDV, da un punto di vista strutturale è il partito che più assomiglia al movimento berlusconiano, poiché vive quasi esclusivamente sul carisma del proprio fondatore Di Pietro, non sembra avere una base radicata nel paese. Il primo obiettivo dell’IDV è sempre apparso essere la sconfitta di Berlusconi. Paradossalmente, il problema dell’IDV oggi è quindi quello di sopravvivere alla fine di Berlusconi, dovendo trovarsi nuovi obiettivi e nuove strategie. Per ora Di Pietro ha solo trovato un nuovo nemico in Monti, ma non può essere questa la strada definitiva, per cui il partito è in un periodo di transizione che sembra confermare come lo schema del partito del leader non funzioni più
  • FLI, in un certo senso anche qui il padre fondatore Fini è l’indiscusso leader, ma in questo caso la situazione è differente. Il FLI ha la possibilità di tornare ad essere partito di ispirazione popolare raccogliendo le istanze di una destra moderna che in Europa ha spesso goduto di successi elettorali importanti. In questo caso la fine del berlusconismo rappresenta una opportunità per uscire dalla destra populista e tornare a fare politica
  • UDC, anche in questo caso il leader indiscusso è Casini, che sta tramando per tornare ad un Italia proporzionalista in cui un partito come il suo può agire da ago della bilancia post-elettorale per ottenere ruoli rilevanti con una minima, ma decisiva, percentuale di voti. Un pericoloso ritorno al passato che attualmente sembra quanto mai probabile
  • Lega, il travaglio del movimento secessionista nasce dalle difficoltà del suo leader maximo e del suo cerchio magico, ma in realtà il movimento ha una sua presenza nel territorio e soprattutto ha una rispondenza culturale in una fetta significativa di popolazione che si riconosce nel populismo, nella filosofia del padroni a casa nostra, nell’individualismo come libertà personale e come obblighi per tutti gli altri, in particolare per chi riconosco come diverso da me. In questo caso la base culturalerimane ed è sul piano culturale che va combattuta la battaglia, non è (solo) un problema di leader, si tratta di sconfiggere una visione sociale negativa e diffusa.
In questo scenario il PD ha la grande chance di emergere come unico partito a base popolare, radicato nel territorio, presente con i circoli nei paesi, a contatto con i cittadini. il partito deve investire nei circoli, aiutarli ad essere presenti, visibili, attivi.

Il partito deve coinvolgere i circoli e gli iscritti nel processo decisionale, non deve cedere alla tentazione di pericolosi accordi sulle legge elettorale che ci riportino ai tempi in cui il governo era deciso dai segretari dei partiti dopo le elezioni. Il contatto con la base e con i cittadini deve essere il motore per partecipare ad una fase di vero rinnovamento. In tal senso, anche un cambio generazionale della classe dirigente appare coerente e necessario, ed andrebbe a mio avviso applicato non tramite traumatiche guerre fra correnti ma con un approccio condiviso che permetta alla esperienza degli attuali dirigenti di rimanere disponibile. Il congresso, le primarie e tutte le altre forme di democrazia devono essere utilizzate per rinnovarsi nella continuità dei valori da difendere e da promuovere.


Canzio Dusi
Twitter: @CanzioDusi

2 commenti:

  1. Partito a base popolare, ma non vi vergognate, state appoggiando un governo che sta mettendo in ginocchio i lavoratori togliendogli i diritto ad avere una dignita' sui luoghi di lavoro Art 18.
    Ma in che mondo vivete

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  2. Caro anonimo (mi tocca a chiamarti così),

    grazie per aver letto il nostro post ed averlo commentato.
    Io penso che ogni tanto si confonda ‘a base popolare’ con i termini populista e demagogico.

    Con ‘a base popolare’ si intende che si basa su circoli presenti nei Comuni, che si incontrano periodicamente, che creano occasioni di incontro con i cittadini e organizzano eventi di approfondimento politico e culturale.
    In tal senso, non ci sono dubbi che nel ben o nel male, siamo un partito a base popolare.

    Altro discorso riguarda il sostegno al governo Monti.
    Riassumendo all’estremo, siamo usciti da una tornata elettorale che ha generato un Parlamento fortemente sbilanciato a destra, ci siamo trovati di fronte al fallimento della maggioranza in un momento in cui la crisi di governo voleva significare default, cioè niente pensioni e niente stipendio ai dipendenti pubblici, tanto per capirci.
    Sostenere un governo che non fa tutto quello che vorremmo è stato un atto di responsabilità. Cerchiamo di influenzarlo quando possibile, ogni tanto riuscendoci.
    Ora difenderemo in Parlamento il buono che c’è nella riforma del lavoro dagli attacchi del PDL, sospinto da Confindustria (flessibilità in entrata, non più false partite IVA, non più falsi stage …) e quello che rimarrà di non accettabile andrà analizzato nella prossima legislatura, per cui diventa importante uscirne vincenti.
    Il vento della antipolitica, seppure giustificabile, porta alla astensione e quindi alla delega, aumentando i rischi di trovarci ancora nelle mani dei conservatori e dei populisti.

    Grazie ancora per la partecipazione.

    Canzio

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