26 novembre 2012

Primarie: i risultati del meratese


BERSANITABACCIPUPPATOVENDOLARENZI
Brivio
118
4
5
25
104
Calco
71
1
12
38
95
Cernusco Lombardone
125
5
17
41
101
Imbersago
91
3
4
23
48
Lomagna
107
4
12
46
112
Merate
287
15
26
120
330
Montevecchia
73
2
5
23
75
Olgiate Molgora
99
5
17
42
97
Osnago
113
1
21
54
86
Paderno d'Adda
112
2
2
32
79
Robbiate
122
3
14
34
143
Rovagnate
96
8
15
39
152
Verderio Superiore
132
3

19
41
97

25 settembre 2012

Giovedi 27 settembre, incontro con il Prof. Martinelli

Giovedì 27 settembre terremo l'atteso incontro con il Prof. Martinelli, docente di diritto costituzionale, nonché, membro della segreteria nazionale del PD.
I circoli del meratese hanno predisposto su 8 parole d'ordine delle autonome e libero riflessioni a partire dalle quali misurarsi con la segreteria nazionale e di questo incontro si vuole fare un dibattito aperto, sulle parole indicate, aperto a qualsiasi contributo ed a qualsiasi critica, per questo vorremmo che a maggior ragione partecipassero alla serata soprattutto le voci critiche nei confronti del PD.
Non vogliamo fare un dibattito "interno" tra militanti, ma una discussione aperta serena costruttiva dove la parola d'ordine sia: "DI' LA TUA OPINIONE".
Per questo auspichiamo che ognuno di voi possa portare con se un amico, un compagno che abbia voglia e interesse a discutere con altri per costruire insieme... 

Grazie e ci vediamo giovedì 27 settembre a Olgiate !!!!


09 settembre 2012

Incontro con Ettore Martinelli, segreteria nazionale PD.

Giovedi 27 settembre alle ore 20:45, nella sala civica di Olgiate Molgora in Via Sommi Picenardi, inizieremo l'attività politica e culturale del circondario Meratese con un incontro col prof. Ettore Martinelli, membro della Segreteria Nazionale del Partito Democratico.

In un momento particolarmente delicato e critico della storia del nostro Paese, il Partito Democratico si candida con tutti i titoli di merito per governare nella prossima legislatura.

Lo scopo dell'incontro è molteplice:
  • coinvolgere i circoli nella elaborazione della Carta d'Intenti del PD
  • favorire il confronto fra i circoli e i vertici del partito
  • permettere ai cittadini di comunicare con il PD
Ogni circolo esporrà la sua visione rispetto ad una delle parole descritte dalla Carta d'Intenti.
Il Prof. Martinelli, docente universitario e membro della segretaria nazionale del PD elaborerà poi quanto espresso dal circolo. 

L'ultima parte della serata sarà dedicata al dibattito con i cittadini presenti.

Chi ha suggerimenti può lasciare un commento, quelli più meritevoli verranno sottoposti all'attenzione del prof Martinelli.


Partecipa all'evento su Google+: http://goo.gl/tRSnA

02 agosto 2012

Appello dei circoli PD del circondario meratese


Il Partito Democratico è ad oggi l'unico partito a base popolare radicato nel territorio e non basato sul carisma del singolo leader fondatore.

Questa caratteristica deve essere la base per definire sia il processo di distribuzione di informazione nel partito che il processo decisionale.

I circoli PD facenti parte del circondario meratese sottolineano l'importanza di migliorare la circolazione delle informazioni all'interno dei vari livelli del partito, facendo sì che tale flusso avvenga in modo efficiente dall'alto verso il basso per permettere ai segretari di circoli di informare gli iscritti ed i simpatizzanti, ma anche dai circoli verso le strutture superiori del Partito in modo che le idee e le proposte della base ricevano riscontri e visibilità ed in modo che le posizioni assunte dal Partito siano il più possibile condivise.

Gli iscritti ed i simpatizzanti che fanno riferimento ai circoli del territorio non devono essere tenuti in conto solo in quanto uno strumento per fare propaganda.

Le feste e i momenti di incontro pubblici non devono servire solo a far parlare di noi, ma anche a spiegare le posizioni del partito e ad ascoltare i cittadini.

Il PD può così far conoscere le proposte, discuterne, migliorarle, confrontarle con quelle dei cittadini.

Una delle caratteristiche che unisce il popolo del partito democratico è la identificazione con un sistema di selezione dei propri rappresentanti basato sul concetto di elezioni Primarie.

Non si tratta solo di un tecnicismo, ma di uno dei capisaldi del nostro partito.

Ora, di fronte all'immobilismo della classe politica italiana ed alla prospettiva di andare a votare con la attuale legge elettorale, le primarie per scegliere i candidati al parlamento diventano anche uno straordinario strumento per avere deputati e senatori eletti dal popolo e non nominati e per fidelizzare i nostri potenziali elettori.

La definizione del regolamento di tali elezioni primarie è però altamente complicato, perché deve tener conto di requisiti di rappresentatività di territorio, di genere, di istanze sociali e professionali e deve poter permettere al partito di avere in Parlamento personalità preparate e di alto livello.

Chiediamo perciò con forza che il regolamento venga diffuso e discusso urgentemente con i circoli e che venga definito in dettaglio quanto tempo prima si svolgeranno le elezioni primarie rispetto alle elezioni politiche.

Se ciò non avverrà, la proposta provocatoria che vi sottoponiamo è di organizzare elezioni primarie a livello provinciale o, se rifiutato dal livello provinciale, a livello di ogni singolo circondario, per la scelta dei futuri candidati alle primarie.

Questa proposta non vuole essere un segno di allontanamento dei circoli dal Partito, ma una provocazione per evitare che le spinte conservatrici presenti nel partito impediscano una scelta popolare dei nostri rappresentanti. Questa proposta vuole insomma essere una scossa per smuovere le strutture di partito più che una dichiarazione di autonomia.

Abbiamo bisogno assoluto di affidarci a nuove classi dirigenti, basate su amministratori locali capaci e su rappresentati dell'associazionismo e del volontariato, delle categorie professionali e delle diverse realtà sociali che agiscono nei nostri paesi.

Per questo ho ricevuto dai circoli del cirrcondario meratese il mandato di verificare questa sensibilità anche a livello provinciale e negli altri circondari in modo tale da approvare in tempi brevissimi (entro settembre) un documento d'intenti da presentare all'assemblea provinciale in cui si chiede formalmente l'indizione di primarie provinciali o di circondario qualora non siano state indette dal livello regionale o nazionale.

Il regolamento dovrà essere pronto, almeno in bozza, per essere distribuito ai circoli entro Settembre; ogni contributo in tal senso è gradito.

Infine, ci preme ricordare che una mozione presentata dal circondario meratese era stata approvata a Febbraio 2011 dall'Assemblea Provinciale ed aveva invitato a sollevare il problema della definizione del regolamento per le primarie di selezione dei candidati al parlamento verso i livelli superiori del partito, fino al livello nazionale.

Attendendo vostri riscontri, porgiamo cordiali saluti

Per i circoli PD del circondario meratese

Il coordinatore di circondario

Canzio Dusi

03 luglio 2012

Festa di mezza Estate


Festa di mezza Estate

la festa dei circoli PD del circondario meratese
Centro Polifunzionale via Buonarroti (di fianco al campo sportivo) 
Imbersago (Lecco)

Sabato 14/7 
ore 18:00
 inaugurazione: parteciperà il segretario provinciale del PD 
Ercole Redaelli
dalle 20.30 
spazio ai giovani: concerto di:
L'epidemia (alternative rock)
Petite Fabrique (Rock).

Domenica 15/7
ore 10 
incontro con il consigliere regionale Fabio Pizzul sul tema: 
"risposte della politica ai bisogni dei cittadini in tempo di crisi" 
ore 12.30 
pranzo degli iscritti e dei simpatizzanti - è gradita prenotazione
ore 14.30 
incontro con il responsabile organizzativo regionale del PD 
Roberto Rampi sul tema : 'i circoli sono il partito, il partito ascolta i circoli'
ore 18 chiusura


saranno sempre attivi servizio BAR e servizio ristorazione
per info e prenotazioni: info@pdlecco.it oppure cell. 340 9892528

19 giugno 2012

Elogio del pragmatismo (parte 2a)


Mi chiedo quindi proprio in virtù di un pragmatismo corretto cosa non funzioni e quindi cosa possa essere corretto all’interno del partito.
Una prima questione quindi è il rapporto “base-vertice”: se non si vuole che il consenso sia il frutto della fiducia e non della lealtà politico/organizzativa dovremmo stabilire una regola della rappresentanza elettiva che sia mantenuta costantemente e che si basi sul dibattito continuo regolarmente accompagnato dalla assunzione di decisioni e di sintesi dello stesso.
Faccio un esempio concreto: assemblea nazionale dei circoli di sabato 23 giugno; non è pensabile che possa andare a questa riunione chi è disponibile, chi lo vuole, chi se la sente  e che per giunta vada  nella sostanza a titolo personale ed in rappresentanza praticamente di se stesso senza che la posizione che potrebbe esprimere non sia il frutto di una discussione dei circoli al livello provinciale di riferimento.
Questo atteggiamento è rappresentativo di due elementi negativi:
a) non esiste una sintesi del dibattito;
b) ognuno rappresenta solo se stesso e solo quando può partecipare, ed in ogni caso il
 “ quartier generale” ha, gioco forza, facilità a decidere per tutti.
Questo significa che in questo partito mancano i fondamentali della democrazia interna e nemmeno il vecchio caro e vetusto centralismo democratico viene rimesso in gioco.
Ciò che questo atteggiamento produce è solo l’autoassoluzione del gruppo dirigente e per altri versi mantiene in vita un secondo elemento negativo e cioè che ogni dirigente si sente in dovere di esprimere sempre e comunque la propria individuale posizione, vedi recentemente Fassina e Fioroni, senza citare come usava fare la Melandri l’IO anziché il NOI nell’esprimere la posizione che andava definendo, atteggiamento questo che contraddice il senso del partito come “intellettuale collettivo”.
Mi sembra che questo sia dal punto di vista interno forse il problema maggiore, senza per questo disconoscere che la stessa costituzione delle fondazioni debba trovare una soluzione che consenta la canalizzazione delle opinioni (collettive?) dentro il dibattito delle strutture di partito, questione che personalmente vedo in maniera positiva a fronte di un esercizio della rappresentanza che non può più essere quello del secolo scorso ed ancor meno quello di una partito che abbia un solo referente sociale relativo al mondo del lavoro.
 A tale proposito riterrei opportuna che si facesse proprio una riflessione a partire dalle modifiche sociali che sono intervenute negli ultimi anni, proprio perché si è fortemente modificata la composizione sociale della società italiana.
In particolare due aspetti: il riferimento al mondo del lavoro, comunque importante e che do per assodato non può non essere bilanciato da riferimenti a tutto ciò che non è e a tutti coloro i quali non sono più “mondo del lavoro e della produzione”; non possiamo far finta che i nostri referenti restino solo i 22 milioni di persone occupate a fronte di circa 60 milioni di abitanti; la crescita della aspettativa di vita e l’aumento della percentuale di disoccupati ci pone seriamente un problema di riequilibrio della nostra attenzione politica, dove fermo restando l’importanza del “lavoro” non possiamo non ritenere altrettanto importanti in termine di politiche strategiche di lungo periodo il mondo del “NON lavoro” e comunque considerando sempre più come si sia modificata la composizione e il rapporto tra forza lavoro dipendente ed autonoma.

Ciò comporta la ridefinizione di un “minimo comune multiplo sociale” che sia l’elemento collante ed unitario della nostra base di riferimento e se stiamo passando da una società di produttori ad una società sempre più caratterizzata dal consumo forse la categoria sociale di riferimento potrebbe iniziare ad essere la categoria dei consumatori in quanto ognuno di noi occupato o meno è produttore di consumo che sempre più dovrebbe diventare un consumo ragionato, ecologico, etc.
Questa riconversione del pensiero sociale e politico impone ovviamente l’abbandono o la rielaborazione del vecchio pensiero novecentesco da un lato e la riaffermazione di alcune basi ideologiche come il senso di eguaglianza e di fraternità che in parte sono stati sviliti negli ultimi anni da un eccesso di desiderio di “meritocrazia” che si basava su di una concorrenza sfrenata e priva di valori.
Il partito come strumento sociale non può quindi non essere che un strumento di formazione collettivo, uno strumento di orientamento ideale, ma per esserlo dive avere al proprio interno come regola di vita una forte caratterizzazione etica, norme certe, elasticità di pensiero, capacita di elaborazione, sintesi e compromesso che appartiene solo a chi ha saldi principi da cui si muove: non dovrà essere la fiducia ( cioè un sentimento di sicurezza, e di affidamento, stima incondizionata, credito) a muovere i rapporti interni, ma la lealtà intesa come virtù che si manifesta con onestà di intenti e rapporti, sincerità e schiettezza.

Alberto Battaglia

30 maggio 2012

ALCATEL-LUCENT VIMERCATE COMUNICATO STAMPA


Il 24 gennaio Alcatel-Lucent ha presentato un piano di ristrutturazione che prevede 690 esuberi di cui 400 presso la sede di Vimercate. Un piano di disimpegno pesantissimo, successivo ad anni di riorganizzazioni ed alla dismissione dei siti di Ricerca e Sviluppo di Genova e Bari. Piano di ristrutturazione che produrrà gravi ripercussioni sui lavoratori e sulle loro famiglie. Un programma di “disinvestimento” che pone delle serie ipoteche sulla sopravvivenza della Ricerca e Sviluppo nella storica sede di Vimercate e sulla stessa presenza in Italia della multinazionale di Telecomunicazioni. Come lavoratori e lavoratrici Alcatel-Lucent di Vimercate stiamo organizzando una grande giornata di mobilitazione.

Sabato 2 Giugno nel PARCO TROTTI in VIMERCATE GIORNATA DI MOBILITAZIONE - SOLIDARIETA’ - FESTA

Con questa iniziativa vogliamo dare visibilità alla nostra situazione di lavoratori e lavoratrici il cui posto di lavoro viene messo in discussione da scelte strategiche che non hanno nessuna motivazione tecnica ed economica. Noi siamo ricchezza in termini di competenze, professionalità, capacità di adattamento alle richieste ed alle sfide dei mercati. Dismettere una realtà innovativa come quella di Alcatel-Lucent Vimercate rappresenta un durissimo colpo sia per l'intero comparto dell'HI-TECH del Vimercatese che per la ricerca e sviluppo in Italia. Pensiamo che questa giornata sia utile alla nostra lotta ed alla difesa di un diritto sancito dalla nostra Costituzione: il diritto al lavoro.

Il profondo radicamento sul territorio è stato elemento determinante per la scelta di Vimercate come luogo simbolico per la nostra giornata di mobilitazione. La Telettra prima ed Alcatel poi, hanno contribuito in maniera significativa alla crescita economico-sociale del Vimercatese. Affinchè questa crescita non venga interrotta, vogliamo entrare in stretto e diretto contatto con la cittadinanza locale e l'Amministrazione Comunale. Non è solo la nostra lotta, ma deve essere la lotta di un’intera comunità, noi siamo patrimonio comune e speranza per le generazioni future.


Nel palinsesto della giornata avremo:

  • lezioni con gli studenti delle scuole superiori del comprensorio
  • spazio animazione bimbi 
  • musica “live” 
  • spazi di discussione con giornalisti, forze politiche, sindacali ed “ex dirigenti Telettra” 
  • estrazione biglietti della sottoscrizione a premi 
  • creazione di un video dedicato con ripresa eventi “live” 
  • stand info-point per distribuzione materiale informativo 
  • angolo dolci, stand birra ed altre bevande, grigliata...


A conclusione della giornata, intervento dei dipendenti Alcatel e spettacolo teatrale FABRICAS di Manuel Ferreira / Alma Rosè http://www.almarose.it

Lo spettacolo sarà ad ingresso gratuito !!

Vogliamo riflettere e farvi riflettere con noi sull’annunciato piano di dismissione di Alcatel-Lucent. 
Vogliamo difendere il nostro lavoro. 
Vogliamo dare una prospettiva al comparto HI-TECH del Vimercatese. 
Vogliamo dare un futuro alla ricerca in Italia. 
Vogliamo essere ancora prospettiva di lavoro per i nostri giovani.

Vimercate, 16 maggio 2012 Lavoratori e lavoratrici Alcatel-Lucent – Vimercate Rappresentanze Sindacali Unitarie Alcatel-Lucent Vimercate

Fb: save alcatel-lucent italy !! E_mail: save_alu_italia@yahoo.it http://allinsideview.blogspot.com


Canzio Dusi
@canziodusi

17 maggio 2012

Gigi si è ucciso

Mercoledì 9 Maggio era un giorno come tutti gli altri, iniziato leggendo le notizie sui giornali, tragiche nella loro normalità.
Poi, appena arrivato in ditta, un collega domanda: “Hai sentito di Gigi?”.
E le notizie così lontane diventano improvvisamente concrete, dolorose come un pugno nello stomaco, incredibili come solo la realtà sa essere.
Gigi lavorava con noi, nella nostra ditta. Poi si era messo in proprio, rimanendo nostro fornitore.
Quando veniva da noi, passava dal corridoio davanti al mio ufficio, era un volto che faceva parte della quotidianità, un viso di cui notavi più l’assenza della presenza. Qualche parola davanti alla macchinetta del caffè, come con tutti.
Fornitori come Gigi non rientrano nella attuale strategia delle multinazionali, se si tagliano i costi, loro sono i primi a risentirne.
Lunedì Gigi aveva chiamato in ditta, come sempre dopo la Domenica del derby, perché un goal ai cugini merita commenti.

Martedì ha deciso di regalare il suo ultimo alito di vita ad un robusto ramo di un albero, nel parco delle Groane.

Rimango sempre sconvolto dalla agghiacciante fratellanza fra la irrazionalità del Gesto e la lucidità dei gesti che servono per mettere in atto l’ultimo disperato grido di dolore.
Staccarsi dalla terra come se, senza il contatto con il terreno, anche tutte le preoccupazioni, i problemi, la disperazione, il senso di insicurezza e di inadeguatezza si staccassero da noi.

Da mercoledì 9 Maggio la lotta per costruire una società migliore non è solo un impersonale afflato, ma è una necessità che ha un volto, sereno, allegro, tranquillo. Il volto di Gigi.

@CanzioDusi

22 aprile 2012

Crescere, Come?


Il tema della Crescita è l’argomento su cui puntare tutte le forze.
Abbiamo già osservato che il rigore delle prime fasi del governo Monti, unito a liberalizzazioni e semplificazioni, possono permettere da un lato l’allontanamento dal baratro dell’insolvenza e dall’altro una razionalizzazione della “macchina Italia”. Tuttavia questi elementi sono solo propedeutici ad uno sviluppo e non sono sufficienti, come faceva notare Scarpinato nel suo articolo dal titolo “LA GRECIA E’ VICINA”, già pubblicato nel Blog www.Europasiamonoi.wordpress.com. nel marzo 2012.
Scarpinato sottolineava il grande peso della Illegalità ( e di conseguenza della Corruzione e della Criminalità Organizzata); noi riteniamo che oltre a operare in questa direzione, sia essenziale anche l’ammodernamento delle strutture con le quali si ha a che fare a ogni passo. Anche lo sforzo di razionalizzazione del cosiddetto “mercato del lavoro” è stato impostato in questa ottica.
Ma tutto ciò non dà automaticamente luogo alla Crescita e senza la Crescita ogni sforzo di razionalizzazione alla fine potrebbe risultare insufficiente.
Di questo tema vogliamo parlare a Calco con un brillante economista, molto disponibile ad aiutarci a capire i meccanismi della macroeconomia, il prof, Francesco Paoletti della Università Milano Bicocca, e con un imprenditore ben conosciuto nel territorio Meratese per la attività della Calvi, l’azienda leader nel mondo per la produzione di profili metallici, l’ing. Riccardo Chini. Riccardo Chini esporrà la filosofia della sua impresa e indicherà gli elementi su cui ne fonda lo sviluppo.
L’incontro sarà il giorno 27 aprile alle ore 20,45, nella sala civica di Calco, in via Volta.

Augusto Rimini
segretario circolo PD Calco

11 aprile 2012

Sono finiti i tempi dei partiti dei leader?

La attuale situazione politica sembra indicare il tramonto del Partito del leader, cioè dei movimenti politici quasi esclusivamente identificati dal proprio padre fondatore e leader carismatico.

A ben guardare però, la situazione non sembra così generalizzabile.

Il discorso ovviamente si adatta perfettamente alla situazione del partito di Berlusconi, che pur cambiando nome non ha mai cambiato la sua fisionomia di partito azienda guidato da un capo unico e ben definito, mai eletto e mai sotto giudizio degli iscritti.

Con la crisi personale del leader, il partito di Berlusconi è ovviamente andato in difficoltà.

Lo stesso discorso però non si può applicare sic et simpliciter a tutti gli altri partiti che presentano uno schema simile. Proviamo a vedere perché:
  • IDV, da un punto di vista strutturale è il partito che più assomiglia al movimento berlusconiano, poiché vive quasi esclusivamente sul carisma del proprio fondatore Di Pietro, non sembra avere una base radicata nel paese. Il primo obiettivo dell’IDV è sempre apparso essere la sconfitta di Berlusconi. Paradossalmente, il problema dell’IDV oggi è quindi quello di sopravvivere alla fine di Berlusconi, dovendo trovarsi nuovi obiettivi e nuove strategie. Per ora Di Pietro ha solo trovato un nuovo nemico in Monti, ma non può essere questa la strada definitiva, per cui il partito è in un periodo di transizione che sembra confermare come lo schema del partito del leader non funzioni più
  • FLI, in un certo senso anche qui il padre fondatore Fini è l’indiscusso leader, ma in questo caso la situazione è differente. Il FLI ha la possibilità di tornare ad essere partito di ispirazione popolare raccogliendo le istanze di una destra moderna che in Europa ha spesso goduto di successi elettorali importanti. In questo caso la fine del berlusconismo rappresenta una opportunità per uscire dalla destra populista e tornare a fare politica
  • UDC, anche in questo caso il leader indiscusso è Casini, che sta tramando per tornare ad un Italia proporzionalista in cui un partito come il suo può agire da ago della bilancia post-elettorale per ottenere ruoli rilevanti con una minima, ma decisiva, percentuale di voti. Un pericoloso ritorno al passato che attualmente sembra quanto mai probabile
  • Lega, il travaglio del movimento secessionista nasce dalle difficoltà del suo leader maximo e del suo cerchio magico, ma in realtà il movimento ha una sua presenza nel territorio e soprattutto ha una rispondenza culturale in una fetta significativa di popolazione che si riconosce nel populismo, nella filosofia del padroni a casa nostra, nell’individualismo come libertà personale e come obblighi per tutti gli altri, in particolare per chi riconosco come diverso da me. In questo caso la base culturalerimane ed è sul piano culturale che va combattuta la battaglia, non è (solo) un problema di leader, si tratta di sconfiggere una visione sociale negativa e diffusa.
In questo scenario il PD ha la grande chance di emergere come unico partito a base popolare, radicato nel territorio, presente con i circoli nei paesi, a contatto con i cittadini. il partito deve investire nei circoli, aiutarli ad essere presenti, visibili, attivi.

Il partito deve coinvolgere i circoli e gli iscritti nel processo decisionale, non deve cedere alla tentazione di pericolosi accordi sulle legge elettorale che ci riportino ai tempi in cui il governo era deciso dai segretari dei partiti dopo le elezioni. Il contatto con la base e con i cittadini deve essere il motore per partecipare ad una fase di vero rinnovamento. In tal senso, anche un cambio generazionale della classe dirigente appare coerente e necessario, ed andrebbe a mio avviso applicato non tramite traumatiche guerre fra correnti ma con un approccio condiviso che permetta alla esperienza degli attuali dirigenti di rimanere disponibile. Il congresso, le primarie e tutte le altre forme di democrazia devono essere utilizzate per rinnovarsi nella continuità dei valori da difendere e da promuovere.


Canzio Dusi
Twitter: @CanzioDusi

06 aprile 2012

Maggioritario o proporzionale?

E’ fondamentale modificare la attuale legge elettorale in Parlamento.Per farlo, serve che una maggioranza di parlamentari converga su una proposta.
Detto questo, poiché ogni partito avrebbe la sua proposta, o si trova una sintesi che comprenda le diverse opzioni rischiando di generare l’ennesimo compromesso che non risolve nulla, oppure qualche partito arretra accettando la proposta che sembra avere più chance di raggiungere una possibile maggioranza di voti.
Se questo sarà il processo seguito per archiviare l’attuale vergognosa legge elettorale e ridare agli elettori la possibilità di scegliere da chi essere rappresentati, sarà giusto sostenere la nuova legge pur se non ci soddisfa.
Ricordiamo con l’occasione che il PD sostiene la legge elettorale maggioritaria uninominale a doppio turno.
Quale è il vantaggio del maggioritario rispetto al proporzionale?

Il principale vantaggio del meccanismo maggioritario consiste nel fatto che le coalizioni di governo ed i relativi programmi si definiscono prima di andare a votare, così l’elettore sceglie chi e come governerà.
Quando c’era il proporzionale, infatti, per esempio, un elettore particolarmente attento al problema della famiglia votava per la DC che nel suo programma prevedeva leggi di sostegno all’istituzione familiare.
Poi però il governo era composto da 5 partiti, i segretari di partito nominavano un primo ministro che magari l’elettore che stiamo usando ad esempio non avrebbe mai votato e il nuovo programma di governo non conteneva alcuna norma a favore della famiglia.
Il difetto del maggioritario invece sta nel fatto che chi vince, anche con un solo voto di scarto, governa e non c’è distribuzione proporzionale dei seggi rispetto ai voti. Inoltre, il maggioritario funziona se la coalizione resta compatta e coerente.

Il maggioritario a doppio turno, infine, permette di pesare al primo turno le varie componenti proprio per rendere poi più stabile la coalizione vincente.

Canzio Dusi
Twitter: @CanzioDusi

05 aprile 2012

Imbersago: verbale di riunione


Si è svolta in data 29 marzo la riunione su “mercato del lavoro e proposta Monti” del circolo PD di Imbersago e sentita la comunicazione di Gigi Cattaneo si è aperta una franca e vivace discussione che ha visto alla fine comunque i partecipanti in linea di massima convergere sulle seguenti valutazioni:

Il circolo PD di Imbersago ritiene utile perseguire una “manutenzione”del complesso delle norme sul mercato del lavoro rafforzando il principio della tutela del lavoratore prima della tutela del posto di lavoro, e ritiene pertanto utile:
  1. agevolare l’utilizzo “prevalente” del contratto a tempo indeterminato attraverso un graduale e progressivo decremento degli oneri contributivi a carico dell’azienda in contemporanea con la diminuzione degli oneri fiscali a carico dei lavoratori.
  2. semplificare ed estendere l’utilizzo dell’apprendistato, (professionalizzante) anche ad un’età superiore a quella oggi prevista;
  3. stringere le maglie dei controlli sulle forme improprie di contratto atipici (contr. a progetto, partite IVA ecc.) senza penalizzare l’utilizzo legittimo di questi strumenti;
  4. nel suo insieme la proposta può essere considerata complessivamente positiva proprio per il tentativo che promuove di ridurre e rendere più stabili il posto di lavoro nonché nel garantite le opportunità di ingresso al lavoro, sia per il prevalente contratto finalizzato all’assunzione a tempo indeterminato, sia perché propone una serie di interventi finalizzati alla riduzione ed al superamento del precariato e delle sue molteplici forme;
  5. attenzione va comunque prestata da parte del PD al mondo delle partite Iva sia in termini di “pulizia” rispetto a quelle strumentalmente utilizzate, sia rispetto ad una normativa chiara che ne legittimi e precisi le modalità di impiego con eventuali strumenti di difesa occupazionale e di garanzie del reddito.
L’ampliamento e l’ammodernamento degli ammortizzatori sociali è un fatto positivo così come l’incentivazione degli strumenti bilaterali, tutto ciò deve essere sostenuto da risorse certe (recupero evasione contributiva, aumento dei contributi contratti atipici, altri da individuare).

I tempi di attuazione se da un lato rischiano di scollare una situazione già compromessa, possono però rappresentare un ulteriore momento di sistematizzazione e di protezione delle forme occupazionali più deboli.

Per quanto riguarda la modifica dell’articolo 18, pur con tutte le cautele del caso, condividiamo le preoccupazioni espresse dalla Segreteria Nazionale e auspichiamo, nella logica del raggiungimento di un accordo complessivo sulla manovra, che prevalga una modifica, per quanto concerne i licenziamenti per motivi economici, che si ispiri al “ modello tedesco”.

La riunione si è chiusa indicando la prossima scadenza tra 15 giorni per una prima valutazione sulla questione “riforma elettorale” e con ulteriori riflessioni sull’andamento della discussione parlamentare sulla manovra sul mercato del lavoro.

23 marzo 2012

Spunti di riflessione sulla riforma del lavoro

Attendo ancora il testo ufficiale prima di esprimere giudizi sulla riforma del lavoro proposta dal governo Monti, ma posso già esprimere alcune perplessita:

Reintegro vs 15 o 27 mensilità: Premesso che 15 mensilità mi sembrano troppo poche, perchè manterrei un minimo di 24, posso fare alcune considerazioni:
L'indennizzo al posto del reintegro può essere positivo o negativo a seconda dei casi. Ad esempio, probabilmente un giovane, laureato in qualche facoltà abbastanza richiesta e con un po' di esperienza potrebbe preferire prendere l'indennizzo, poichè nel frattempo può trovare facilmente un altro lavoro, magari anche all'estero; Chi dovesse trovarsi in questa situazione potrebbe anche valutare che il reintegro è dannoso, perchè toglie tempo e limita le possibilità di cercare altri lavori ed effettuare colloqui, oltre al fatto che restare in una ditta che ha tentato di licenziarti vuol dire sapere già in partenza che, comunque, la tua crescita, sia professionale che economica, in quell'azienda è finita...
D'altra parte un lavoratore prossimo alla pensione, magari non specializzato, dovrebbe preferire il reintegro, in quanto non ha più ambizioni di carriera e incontrerebbe ragionevolmente molte più difficoltà nella ricerca di un nuovo lavoro.
Sarebbe opportuno, secondo me, prevedere entrambe le possibilità, a discrezione del giudice,in modo che possa valutare situazione per situazione, proteggendo sempre il potere meno forte, ovvero il lavoratore.
E' anche vero che dovrebbero essere codificati meglio i giustificati motivi per un eventuale licenziamento, altrimenti si rischiano eccessi nel senso opposto (ricordo il caso dei lavoratori FS che timbravano il cartellino per i colleghi che stavano tranquillamente a casa).

Contratti a tempo determinato: Non mi è mai piaciuto l'obbligo di prendere o lasciare... quello che si dovrebbe fare è imporre dei contratti che prevedano per un lavotatore a tempo determinato, un minimo tabellare superiore rispetto a quello per il tempo indeterminato... diciamo tra il 20 e il 30% in più... in tal modo si compenserebbe con un entrata maggiore parte dei disagi dovuti alla precarietà. Diciamo che è la differenza tra acquistare e prendere in leasing... alla fine il leasing costa di più.
Se invece si vuole restare nell'ottica dell'imposizione, tanto comune in Italia, 36 mesi di rinnovi dei contratti a tempo determinato sono già troppi, abbasserei tale limite a 18 mesi, dal momento che sono comunque previsti contratti di apprendistato e simili.

Stage non retribuito: Sono d'accordo sulla questione degli stage non retribuiti, perchè sono stati abbastanza abusati negli ultimi anni, particolarmente dalle grandi aziende. Dobbiamo però stare attenti a tutte queste imposizioni, perchè diventano inutili se non poniamo un freno alle finte partite IVA, che consentirebbero alle Aziende di aggirare le limitazioni a stage e contratti a tempo determinato.

In ogni caso ritengo che, quando si decide di rendere i licenziamenti più facili (cosa che può anche essere considerata legittima) parallelamente si dovrebbe garantire la copertura di un sufficiente sussidio di disoccupazione, altrimenti si ottiene solo di innescare tensioni sociali.


Riccardo Brivio
Merate

22 marzo 2012

Art. 18: ecco cosa accadrà

Possiamo discutere quando vogliamo, possiamo essere d'accordo o meno su questo o su quello.......di certo è che tutto ciò è una vera e propria "MACELLERIA SOCIALE" - ELIMINANDO L'ART.18 ECCO COSA ACCADRA'. .. VERRAI LICENZIATO SE: (...)
  1. Sciopererai;
  2. Sei donna e vuoi fare più di un figlio (ricordiamoci dei licenziamenti in bianco fatti firmare dalle giovani donne);
  3. Ti ammali di una patologia invalidante e hai ridotto le tue capacità lavorative;
  4. Passi un periodo di vita difficile e non dai il massimo;
  5. Hai acciacchi ad una certa età che riducono le tue prestazioni (ed è molto probabile con l'allungamento dell'età lavorativa voluta dal Suo governo);
  6. Sei "antipatico" al proprietario o ad un capo che ti mettono a fare lavori meno qualificati e umilianti (mobbing);
  7. Chiedi il rispetto delle norme sulla sicurezza (nei luoghi di lavoro dove non esiste l'articolo 18 gli infortuni gravi e i casi mortali sono molti di più);
  8. Rivendichi la dignità di lavoratore, di uomo e donna;
  9. Sei politicamente scomodo (ricordiamoci dei licenziamenti e dei reparti confine degli anni 50 e sessanta);
  10. Non ci stai con i superiori;
  11. Contesti l'aumento del ritmo di lavoro;
  12. T'iscrivi ad un sindacato vero (su 1000 lavoratori richiamati alla FIAT di Pomigliano non uno è iscritto alla FIOM);
  13. Appoggi una rivendicazione salariale o di miglioramento delle condizioni di lavoro;
  14. Fai ombra al superiore e se pensa che sei più bravo di lui e puoi prenderne il posto (a volte comandano più del proprietario);
  15. Hai parenti stretti con gravi malattie e hai bisogno di lunghi permessi;
  16. Non sei più funzionale alle strategie aziendali;
  17. Reagisci male ad un'offesa di un superiore;
  18. Dimostri anche allusivamente una mancanza di stima verso il capo e il proprietario;
  19. Sei mamma ed hai un bimbo che si ammala spesso;
  20. L'ente/azienda per cui hai dato una vita di lavoro non ha più bisogno di te.

Paolo Catalano
Rsu Cgil Fiom

21 marzo 2012

Riforma del lavoro... le prime impressioni.

Andando come spesso mi capita un po’ controcorrente, a me pare molto positivo che:
  1. Il costo del lavoro a tempo determinato sia di più del costo del lavoro a tempo indeterminato
  2. Che il datore di lavoro dopo 36 mesi debba decidere se prendere o lasciare, e se assume viene incentivato poiché recupera parte dei soldi spesi per avere flessibilità e per formare
  3. Che lo stage non sia lavoro a costo zero ma si possa fare solo durante la carriera scolastica delle persone

I punti che devo capire meglio sono:
  1. Come si può velocizzare la giustizia per sapere subito se c’è giusta causa
  2. Come si crea lavoro perché il reintegro non sia l’unica speranza che ha il lavoratore per non restare disoccupato
  3. Se cambia il costo del lavoro e se aumentano gli stipendi verso la media europea
  4. Come si definisce una azienda in crisi. Se un’azienda paga bonus ai manager, paga loro indennità di trasferta anche se stanno 5 giorni a settimana nella stessa sede, se l’indennità di trasferta dei manager è 15 volte più alta di quella degli impiegati e nessuno controlla le note spese … poi l’azienda può definirsi in crisi e licenziare?
Capisco i dubbi sul concetto di licenziamento facile e sul metodo poco concertativo.
Sarebbe opportuno che il divieto di veto valesse anche per altri argomenti, come la legge sulla corruzione, il pagamento delle frequenze, la riorganizzazione della RAI, però mi pare anche di poter dire che l’estensione della legge sui licenziamenti alle piccole imprese è un passo avanti nella difesa di quei lavoratori.

Ora si tratta di leggere il testo nei dettagli e vedere cosa succede in Parlamento.


Canzio Dusi
@CanzioDusi

19 marzo 2012

Assebmblea di Osnago


Si è tenuta il giorno 12 Marzo 2012 presso la sede del Partito Democratico di Osnago la Assemblea degli iscritti al circolo del Partito Democratico di Osnago.
Fra i vari punti discussi, vale la pena soffermarsi sui ragionamenti svolti rispetto alla analisi della attuale situazione politica italiana.
 
Va detto che il dibattito è stato molto acceso, stante le critiche all’operato del governo Monti, ma anche la necessità che l’Italia esca dalla crisi e dai disastri compiuti dal precedente governo.
Si è sottolineato quanto l’esecutivo sia soggetto ad un Parlamento ancora fortemente di centro-destra.

Si è segnalata la necessità di avere chiarezza sui recuperi economici e quindi sulle risorse disponibili a fronte della manovra di emergenza compiuta in questi mesi da questo governo e la richiesta che i costi relativi a eventuali aumenti dovuti alla situazione contingente (accise, IVA etc.) vengano poi riportati alla situazione precedente una volta usciti dall’emergenza.

Ci si è soffermato molto sulla assoluta necessità che lo Stato, le Regioni, le Provincie ed i Comuni investano per poter rilanciare l’economia, superando anche il Patto di Stabilità.

La decisione fondamentale che il PD deve prendere in queste circostanze è se sostenere l’attuale governo anche in presenza di decisioni non totalmente condivisibili o se sia meglio andare ad elezioni anticipate.

Certamente, l’Italia è ora in una situazione migliore rispetto al 2011, ha un governo migliore, una immagine internazionale molto migliorata, una situazione economica che ha ripreso la strada virtuosa al punto che l’Italia non è più sotto attacco speculativo, ed è importante tener conto che il PD ha avuto comunque un ruolo nella caduta del governo precedente e nella gestione responsabile della sua successione.
La strategia dovrebbe essere quella di continuare a sostenere questa esperienza di governo cercando di influenzarla il più possibile.

Il governo aveva annunciato che l’equità era uno dei suoi obiettivi, su questo punto il PD deve incalzare l’esecutivo.  Il ricatto a cui il PDL sottopone continuamente il governo sulla base della sua forza parlamentare sembra però rendere molto difficile la possibilità di inserire alcuni obiettivi importanti nella azione di governo.

Il Governo gode in questo momento di una popolarità importante in quanto riconosciuto come composto da persone oneste e attendibili, che fanno ciò che dicono. L’Italia si era disabituata a governi del fare, ormai avvezza ai governi dell’annunciare.

Si segnala comunque che le critiche non tengono in sufficiente conto la ritrovata fisiologia democratica nell’azione di governo (un esempio: la gestione dei temi dell’immigrazione), che segna il nuovo corso anche sul versante culturale.
Lo stesso attivismo della Guardia di Finanza e della Agenzia delle Entrate rappresenta una novità, anche se già iniziata negli ultimi mesi del governo Berlusconi in quanto  direttamente collegabile al rischio di default.
In qualche modo, l’IMU si configura in parte come una tassa di tipo patrimoniale.

La riforma del lavoro è un banco di prova fondamentale, il PD deve influenzare le decisioni e poi accettare che non riuscirà ad ottenere tutto quello che avrebbe potuto realizzare se fosse al governo e che realizzerà quando governerà.
Ottenere che il costo del lavoro precario diventi maggiore del costo del lavoro stabile sarebbe già un punto molto qualificante.



Un governo tecnico che prende decisioni impopolari può permettere anche al PD di utilizzare l’anno in corso per preparare una proposta di governo convincente che porti gli elettori di centro-sinistra, oggi scettici, alle urne. Il PD è responsabile del programma di governo più dei suoi potenziali alleati e quindi sulle proposte si deve concentrare di più che su una sterile discussione sulle alleanze possibili.

E’ necessario far decantar alcune delusioni che non devono condizionare il giudizio complessivo sulla situazione generale, in particolare con riferimento a quanto ereditato.
Il ruolo del PD non è più quello di principale oppositore di Berlusconi, ma deve sempre più diventare quello di un partito che definisce la linea programmatica per riformare l’Italia.

Si è poi sottolineato come le Primarie restano uno strumento di democrazia, non esiste altro partito in Italia che elegge il proprio segretario tramite consultazione popolare.

Il PD deve comunicare con chiarezza i suoi obiettivi di governo e deve gestire al meglio la questione della leadership. Nei maggiori paesi europei la leadership dei maggiori partiti e la relativa successione sono preparate ed annunciate con largo anticipo. Ciò permette al leader di agire con chiarezza e senza indebolimenti dovuti a continui attacchi pubblici provenienti dall’interno del partito.

Si è sottolineato come ci sia ormai il dubbio che il bipolarismo in Italia sia possibile. Questo aspetto è particolarmente rilevante per un partito come il PD nato per essere una alta sintesi dei valori riformisti e di centro-sinistra in un sistema bipolare.

Il PD deve insistere per una riforma della legge elettorale e per una riforma della struttura istituzionale per combattere la decadenza delle istituzioni e dare un diverso grado di consapevolezza a chi assume ruoli istituzionali.
E’ anche necessario decidere se i partiti ricevano rimborsi spese (ed allora con documentazione delle spese sostenute) o debbano essere finanziati (opponendosi al risultato referendario del 1993) e nel caso come farlo in modo trasparente.
Un partito a base popolare deve poi trovare il modo di dare risorse ai circoli che rappresentano il legame con la base.


Per il Circolo PD di Osnago
Il Segretario
Canzio Dusi

07 marzo 2012

Tecnica e politica: il senso del fare

Forse è giunto il momento di fare qualche osservazione sul punto cui siamo arrivati e mi scuso se parto da lontano per motivarne le ragioni che comprenderete più avanti, ma visto i tempi che corrono un omaggio alla Grecia mi pare doveroso.

Sin dai tempi degli antichi greci la “tekne” aveva acquisito un insieme di connotazioni e di valutazioni più ampie del semplice “saper fare” e già Socrate nelle sue discussioni sviluppava il confronto tra tecnica e filosofia, in particolare nell’Apologia, dove artigiani e demiurghi evidenziavano reali capacità e conoscenze al contrario di poeti e uomini politici.

Potremmo dire che la “demos” (termine retorico per popolazione) ha di certo una sua dignità e una sua legittima cultura, ma non per questo può avere pretese di controllo sulla “polis” e se in Platone la critica alla tecnica è rivolta prevalentemente contro i Sofisti e contro una concezione utilitaristica del sapere, neppure in Aristotele la tecnica gode di maggiori fortune, perché a detta del filosofo si limita ad operare negli ambiti particolari senza curarsi delle cause.

Sarà solo dal ‘600 in avanti che la tecnica (prima con l’illuminismo e poi con il positivismo) troverà una chiave di lettura moderna e diventerà la chiave di volta per la liberazione dalla servitù del lavoro (Marx), anche se romanticismo e idealismo ne definiranno i contenuti “negativi” e la identificheranno con un modo di essere volgare e senz’anima.

Tutto il ‘900 sarà impegnato in un’indagine critica sul senso della tecnica sia attraverso il nichilismo, sia attraverso i giudizi e la profezia di Weber sul disincanto del mondo e le crescenti esigenze di normative tecnico burocratiche.

Inoltre scienza e tecnica hanno fornito durante tutto il secolo scorso sempre nuovi risultati, ma non hanno saputo rispondere alle domande fondamentali che coinvolgono l'uomo e la sua esistenza nel mondo, sopperendo il tal modo ad esigenze materiali, ma non riuscendo mai a formulare ipotesi o soluzioni ai mali del mondo.

La tecnica ha rivolto alle cose uno sguardo distaccato, freddo, che ha tese e tende ad "oggettivizzare" anche il soggetto che guarda, rendendo l'uomo una cosa tra le cose.

Lo stesso Husserl ha riproposto con forza l'antitesi tecnica-filosofia, nei termini di alienazione-riappropriazione della ragione da parte dell'uomo così come la Scuola di Francoforte, Horkheimer e Adorno, hanno evidenziato la volontà di dominio e di sfruttamento che muove la Ragione illuministica portandola alla piena realizzazione nella società capitalistica e iper-tecnologica.

In questo modo la lettura della tecnica come nichilismo viene ad unirsi ad una critica della società capitalistica che attinge a Marx e Freud; difatti ne L'uomo a una dimensione di Herbert Marcuse, la tecnologia viene presentata come l'essenza totalitaria del capitalismo, che opera attraverso la manipolazione dei bisogni umani da parte del potere costituito e così la tecnica, da sempre identificata con il progresso e trasformazione sociale, viene al contrario vista come strumento di conservazione dello status quo.

Su tutt'altro versante si pone il movimento cyberpunk il quale, a partire dagli anni ottanta, assume le tecnologie digitali e la realtà virtuale come "luoghi" di una possibile liberazione politica e sociale, come nuova agorà nella quale possano svilupparsi un pensiero ed una pratica sociale alternativi rispetto al sistema capitalistico: non più liberarsi dalla tecnica quindi, ma attraverso di essa, riprendere in qualche modo ed in forma moderna, e a volte contraddicendole, le tesi marxiane della liberazione dalla schiavitù del lavoro.

In tal modo il movimento cyberpunk oltrepassa l’alternativa tra tecnologia come alienazione/come liberazione, proponendo una sorta di "iper-alienazione" la quale, in una sorta di rovesciamento dialettico, libererebbe l'uomo dall'alienazione medesima attraverso la tecnica.

Di fatto, e di là dalle teorizzazioni di "guru digitali" come Nicholas Negroponte o William Gibson, la tecnologia digitale è oggi uno strumento elettivo del movimento “no global”, i cui membri comunicano tra loro e imbastiscono iniziative sociali e politiche tramite il tam-tam d’internet, dei suoi blog e dei suoi gruppi di discussione. Viene così a realizzarsi nella pratica almeno una delle profezie del Sessantotto, la nascita di quei "gruppi informali in fusione" nei quali Sartre e il già citato Marcuse vedevano una alternativa veramente rivoluzionaria rispetto alla oramai obsoleta forma del partito politico.

Pensiamo in questo quadro a quante volte ormai vengono citati ed usati i social network per la valutazione degli orientamenti ed una verifica istantanea su di un giudizio o su di una determinata situazione o un determinato proposito e non è un caso che lo stesso ISTAT abbia ipotizzato recentemente il ricorso a indagini capillari modello censimento decennale per verificare gli orientamenti della popolazione italiana e qui già potrebbe avvenire un primo cortocircuito delle forme di rappresentanza e dello stesso modello di democrazia rappresentativa.

“Hic Rhodus hic salta”, ci potremmo essere, quindi dobbiamo prepararci a fare delle scelte.

Abbiamo vissuto per un periodo medio lungo una attività politica prevalentemente giocata su contrapposizioni ideologiche e dico prevalentemente nel senso che molti sono stati gli aspetti anche materiali, legislativi etc. che hanno prodotto i risultati a cui siamo arrivati, tanto quante sono state le decisioni assunte senza valutarne gli effetti, o peggio ancora piegando le scelte ad interessi corporativi se non addirittura personali.

A fronte di questo non si dimentichi quanto possono (ed hanno) inciso contrapposizioni che avevano come forte identità quella del riconoscimento e della attribuzione di ruolo di nemico da attribuire all’avversario (da un lato i comunisti, dall’altro Berlusconi) costruendo le scelte politiche e le più o meno coerenti decisioni in funzione della identità di nemico, a partire dalla quale si costruivano alleanze; in sostanza ogni posizione, ogni scelta si basava sulla costruzione di un paradigma basato sulla paura dell’altro, come stimolo per una possibile unità e per una costruzione di identità. Da un lato la demonizzazione dei comunisti (per altro ormai relegati in soffitta) dall’altro la malvagia perversione dell’uomo ricco e potente (in parte vera ma poco politica).

Alla fine al di là delle modalità costituzionalmente previste ed utilizzate siamo arrivati, anche se in ritardo, ad una composizione di un governo tecnico come panacea per tutti i mali a cui attribuire la responsabilità di uscire dalla crisi a cui nessuna forza politica aveva saputo dare risposte.

Ma cosa ha significato questa scelta e poi è possibile essere tecnici senza cadere in scelte che abbiamo qualche referenza ideale o ideologica?

Esiste una contrapposizione tra tecnica e pragmatismo da un lato e politica e ideologia dall’altro? O questo è un assioma per il futuro cui si dovrà pensare?

La domanda potrebbe sembrare retorica, ma implica in ogni caso delle riflessioni anche alla luce non solo dei risultati raggiunti, ma anche alla luce delle future e delle necessarie decisioni che un partito qualsiasi dovrà prendere nonché alla luce di una crisi che sia interpretata come opportunità e non come problema.

Ciò che oggi accade è che chi più, chi meno, tenta di accaparrarsi chi dai sondaggi emerge con il maggiore consenso e il veltroniano “non lasciamo Monti alla destra” pare prefigurare un oggettivo mercanteggiamento sulla figura dell’attuale premier, se non addirittura un inchino a chi pare produca o stia producendo risultati mai realizzati dalla politica, il che farebbe pensare al senso ed alla utilità di forme partitiche ancora ancorate a scelte di campo di vecchio stampo ed ai limiti della produzione di risultati da parte della politica stessa, forse ingessata in alleanze e rappresentanze fortemente sfumate, oppure costituitesi a tutti gli effetti in lobbie.

Non è questo solo un problema della sinistra, perché la maggior immobilità di proposte è stata quella della destra al governo, più attenta a non modificare nulla che non a essere coerente con gli impegni elettorali, restando ingessata anche sul tema “liberalizzazioni” che avrebbe dovuto essere un loro cavallo di battaglia.

La stessa sinistra in mezzo al guado tra memorie del passato e timori del futuro ha finito con l’arroccarsi in posizioni di difesa e con enormi difficoltà nel costruire alleanze che potessero concorrere al cambiamento della maggioranza parlamentare.

Mi paiono conseguenti i dibattiti interni, le contraddizioni e le divisioni al limite della rottura che sono emerse ed emergono nelle principali forze politiche e che nascondono un retroterra di rappresentanza tanto friabile ed incerto quanto da ricercare.

Ma se così fosse davvero il problema sarebbe quello di accaparrarsi l’attuale premier come garanzia di vittoria elettorale ?

O forse non sarebbe necessario incominciare a interrogarsi su come essere i rappresentanti della società nella sua interezza? O forse non sarebbe quello di ridefinire le regole della rappresentanza parlamentare e delle sue forme?

Che la società attuale sia sempre più un articolato di interessi divergenti e a volte contrapposti lo dimostra la storia e l’incolumità che ogni singola categoria, purché in grado di ricattare, possiede; le ultime vicende di tassisti e farmacisti ne sono la riprova anche alla luce delle ultime e recenti difficoltà e alla rappresentanza che hanno in parlamento, queste categorie dimostrano tutta la loro capacità ricattatoria anche a fronte del loro modesto peso politico e numerico e lo stesso governo tecnico appare impotente tanto quanto lo sono state le forze politiche nel modificarne le condizioni.

Questo rischia di significare che già l’attuale parlamento è la sommatoria della rappresentanza di categorie eterogenee e questo in una logica di alleanze ed accordi altro non fa che produrre staticità delle norme, ricatto reciproco, alleanze ibride e la impossibilità di modifiche alle condizioni che si hanno ed ai privilegi conquistati, salvo ovviamente avviare uno scontro direi doveroso, tanto quanto forse sanguinoso; del resto togliere privilegi, diminuire diritti e tutele maturate in anni migliori resta sempre e comunque una operazione assai difficile e rischiosa, ma non per questo da non fare.

Ma se questo vale per alcune categorie minori in termini di metodo ed in termini di sostanza non si vede perché non debba valere anche per categorie più numerose ed importanti e che hanno avuto sicuramente nel corso della storia, non solo recente, un importanza sociale notevole, ma che hanno visto nel corso degli ultimi anni modificare anche il loro peso specifico nella società, che non è più la società della seconda rivoluzione industriale, ma ormai è la società della terza e forse anche quarta rivoluzione tecnologica, dove gli scambi e le esigenze organizzative sempre meno necessitano di presenze o di organizzazioni del lavoro rigide e di massa.

E se la società resta comunque una società del lavoro, intendendo per questo una società dalle multiformi modalità di lavoro, dove ognuno in qualche modo contribuisce ad assolvere una prestazione finalizzata ad altri, dove la produzione di beni e merci non necessariamente resta la produzione di prodotti materiali o manufatti, resta da chiedersi quale sia la mutazione genetica dello spazio attuale e futuro del lavoro ed in quali forme si esprimerà e potrà essere rappresentato, tutelato e normato.

Ciò che penso e che oggi si dovrebbe avere la capacità di svincolarsi dalle vecchie rappresentanze socio-politiche (compresa la lobby sindacale) ed avere una visione meno ancorata a vecchi paradigmi, forse perfino più coraggiosa anche nei confronti di quelle rigidità che condizionano il nostro operato e scusate se penso anche ai vincoli che la chiesa pone anche sul fronte ideologico allo stato, che sovrano dovrebbe essere in ogni luogo del proprio territorio, penso proprio per non affrancarmi solo a materie di ordine economico quanto di tecnico ci sia sul fronte delle opportunità per la tutela, il rispetto, l’etica della vita.

Mi chiedo quindi se anche la tecnica e questa esperienza di governo tecnico saprà alla fine opporre non tanto resistenze a chi non vuol cambiare, ma se saprà in realtà modificare le modalità politiche forzandole ad una riflessione più ampia sulla loro natura e se da questa forzatura possa emergere un partito che abbia una visione nuova della società e dei suoi meccanismi e che si ponga oltre l’ortodossia del XX secolo.

Se tecnica significa quindi più del saper fare, se governo tecnico significa possedere competenze specifiche e forti senso del pragmatismo, come funzione fondamentale dell'intelletto nel consentire una conoscenza obiettiva della realtà non più separabile dalla funzione di una efficace azione su di essa, se tutto questo è lo spazio dentro il quale si possono e si debbono modificare le condizioni attuali di una società che ha perduto alcuni dei suoi valori preminenti, come il senso di eguaglianza, la difesa dei più deboli ed il sostegno ai più bisognosi, dove il termine equità sia la pietra di paragone per la interpretazione del concetto di civiltà, se questo è il concetto di tecnico ecco che lo spazio della politica viene messo in discussione e può riappropriarsi della sua funzione solo ricostruendo una visione del mondo che sia onnicomprensiva, che sappia cogliere le molteplici forme della sua apparenza e della sua realtà, riconducendo ad un principio di unità sociale che sappia contenere e ridefinire le priorità.

Questa sarà la futura forma partito, o forse questa dovrà essere, perché l’esercizio della rappresentanza non sarà più legato a categorie sociali perché la loro composizione sarà non solo più articolata, ma la mobilità sociale diventerà uno dei fondamenti di una società fluida, dove mobilità, flessibilità, crescita e decrescita saranno condizioni normali.

Ciò che non possiamo avere è il timore per il futuro, nulla di catastrofico ci attende, ciò che dobbiamo assumere è la consapevolezza che la tecnica nell’epoca della quarta rivoluzione industriale è in grado di offrirci una sana pragmaticità che si basi sulla ponderatezza delle nostre intuizioni, ove gli ideali siano stati in grado di superare schematismi ideologici e dove il senso della politica e del fare politica torni ad essere la gestione della polis nella sua integrità, lontano quindi dal ristretto alveo della rappresentanza di interessi specifici, dove il cittadino non sia più visto, letto, interpretato alla luce del suo ruolo nella società o nella sua massificazione, ma come individuo capace, come primus inter partes.

Un governo del futuro dovrà per forza essere un governo dove la tecnica, cioè qualcosa in più del saper far bene, dovrà essere centrale rispetto alle esigenze di gestione e direzione della società, dove gestione significa capacità di mantenimento e direzione significa orientamento ed individuazione delle strategie e in questo la politica dovrà rintracciare il senso per la sua sopravvivenza.


Alberto Battaglia